fabio carnovale  federico carnovale  la correzione della rifrazione nella fotosub

Guida alla fotografia subacquea:

con la collaborazione di maurizio ulisse

         

L’aberrazione cromatica nella fotosub

Come prevenirla (prima) e correggerla (poi)

 Uno dei problemi più importanti della Fotosub è costituito dal passaggio della luce da un mezzo (l’acqua) enormemente più denso di un altro (l’aria).

Basti pensare, come i subacquei ben sanno, che soli dieci metri d’acqua danno luogo alla pressione (1 kg per centimetro quadrato) di tutta l’atmosfera terrestre, dal livello del mare alla stratosfera. Pur essendo l’acqua trasparente, la densità estremamente differente di queste due sostanze si fa sentire in diverse occasioni.

Senza voler entrare in dissertazioni sulla fisica delle frequenze e le lunghezze d’onda delle onde luminose, ma esortandovi ad approfondire l’argomento, introdurrò qui il concetto di rifrazione della luce. Quando un raggio luminoso attraversa due mezzi con densità differente varia la velocità con cui si propaga, pur rimanendo costante la sua frequenza. Questo, in breve, dà luogo al notissimo effetto per cui vediamo il remo della barca apparentemente spezzato al livello di dove entra nell’acqua.

In pratica, la variazione di densità dei mezzi lavora proprio come qualsiasi altro sistema ottico, che si basa sulla differenza di densità per provocare l’effetto voluto (ad esempio una lente di vetro che devia i raggi di luce che provengono dall’aria concentrandoli su una superficie). In pratica, tutti sappiamo che la nostra visione delle cose sott’acqua, con la maschera, è soggetto ad un effetto di ingrandimento che è quantificato in circa un terzo in più, che poi è proprio la differenza dell’indice di rifrazione fra le due sostanze. 

 

Il classico effetto "spezzato" dovuto alla differente velocità di propagazione delle frequenze luminose.

 

I fisici e tutti coloro che sono esperti in questa materia non storcano il naso, questa, per mancanza di spazio, non può essere una spiegazione scientifica e rigorosa del fenomeno ma può dare uno stimolo ad approfondire il concetto nelle sedi opportune. Detto questo, il problema potrebbe non essere poi così grave, basterebbe conoscere la variazione della focale del nostro obiettivo e regolarsi di conseguenza, ad esempio il classico obiettivo da 35mm (chi, in passato, utilizzava la Nikonos sicuramente lo conosce bene) diventa, da grandangolare a “normale” cioè 35mm X 1,33 = 46,55mm, che è vicino ai 50mm che è appunto il classico “normale” terrestre. Ma le cose, ahimè, non sono così semplici: la variazione di rifrazione non è uguale per tutte le frequenze dello spettro luminoso. I sistemi ottici anche non subacquei “soffrono” comunque di questo problema per il semplice fatto di essere  basati sul passaggio di luce tra mezzi a differente densità (aria e vetro). Questo fenomeno è analogo a quello che avviene quando si scompone il raggio di luce bianca nei suoi componenti come avviene nel classico prisma oppure nell’arcobaleno e fenomeni similari. Di questo se ne erano accorti già nel ‘700 gli astronomi che, utilizzando lenti semplici per le loro osservazioni, potevano apprezzare degli aloni colorati ai bordi degli oggetti visionati, specialmente se questi erano chiari su sfondo scuro, e già in questo secolo vennero progettati degli schemi ottici, basati sull’accoppiamento di vetri a indice di rifrazione differente, per limitare il fenomeno.  

Il raggio luminoso deviato viene scomposto nelle frequenze dello spettro visibile.

 

Le pagliuzze dell’ombrellone, riprese contro uno sfondo chiaro presentano un alone rosso da un lato e verde dall’altro.

Schematizzando il fenomeno, vediamo come le frequenza luminose siano soggette a deviazione in modo differente.

Per ovviare a questo problema sono stati inventati i cosiddetti doppietti acromatici: due lenti di materiale diverso (normalmente due diversi tipi di vetro ottico) che, unite tra loro, danno luogo ad una compensazione reciproca del difetto.

 

Un vetro “crown” accoppiato ad uno “flint” si compensano a vicenda, riducendo l’aberrazione

Ma noi fotosub in questo siamo come il classico elefante nel negozio di cristalli, il passaggio dal mezzo acqua al mezzo aria crea un ulteriore notevole deviazione della luce mandando a pallino tutte le sofisticate progettazioni degli obiettivi. I difetti delle fotografie non si limitano a microscopiche slabbrature del colore, ma a vere e deformazioni visibili soprattutto ai lati del fotogramma, dove è maggiore l’angolo di deviazione dei raggi luminosi.

 

Questa immagine è stata ottenuta con un grandangolare (18mm) ed un oblò piano: ingrandendo le zone periferiche agli angoli (crop 100% dell’originale) si nota l’aberrazione cromatica, visibile come una scomposizione dei colori ed un effetto “stiratura”

 

CROP dell’area superiore sinistra: le bolle d’aria appaiono “stirate”

 

CROP dell’area superiore destra: si notano le scomposizioni del colore

Vediamo ora come si può limitare il problema in fase di ripresa e poi in fase di post-produzione.

Per quanto riguarda la limitazione del problema della aberrazione cromatica in fase di ripresa, l’unica cosa da fare è dotarsi di un valido oblò correttore. Ma in che cosa consiste? E’ quell’accessorio che fa somigliare le nostre custodie a delle ingombranti lavatrici, la forma sferica, precisissima, costituisce l’interfaccia acqua-aria e impedisce la deviazione dei raggi luminosi. Il centro focale dell’oblò sferico dovrebbe, per quanto possibile, coincidere col centro focale dell’obiettivo, in questo modo le deviazioni dei raggi luminosi sono molto limitate e altrettanto limitato è il fastidioso effetto scomposizione dello spettro cromatico che vogliamo evitare. Gli oblò possono essere costruiti in plexiglas, policarbonato od in cristallo, ve ne sono di grandi e piccoli, a seconda delle esigenze di focale e di ingombro. Ogni oblò, eventualmente corredato di anelli distanziatori per adattarsi alle varie ottiche, è studiato per essere utilizzato con determinate ottiche.

Negli oblò piani si assiste ad una deviazione dei raggi luminosi con conseguente aberrazione cromatica nelle zone laterale  

Gli oblò corretti lasciano inalterata, per quanto possibile, la direzione dei raggi luminosi  
Un oblò sferico con il centro focale dell'obiettivo lontano dal centro della sfera e vicino alla cupola si comporta parzialmente come uno piano.

L'oblò sferico, con adeguati distanziatori dalla custodia, assicura una corretta geometria dell'ottica.

 

L'IMMAGINE VIRTUALE

 

Un fenomeno fondamentale dell'oblò a cupola è la generazione della cosiddetta immagine virtuale: comportandosi l'insieme acqua-aria come una lente, l'oggetto fotografato non sarà messo a fuoco alla distanza reale ma verrà generata una immagine falsamente più vicina e l'obiettivo dovrà quindi focheggiare a una distanza più breve. Tanto è più piccolo il raggio di curvatura dell'oblò, tanto più vicina è l'immagine virtuale e l'obiettivo dovrà avere la capacità di messa a fuoco a una distanza minima adeguata.

Un oblò più piccolo produrrà una immagine virtuale più vicina (ad esempio i mini-dome, normalmente da 4" utili per la cosiddetta "macro ambientata")

L'immagine virtuale non dovrà cadere a una distanza minore della minima distanza di messa a fuoco dell'obiettivo.

... in tal caso l'obiettivo non sarà in grado di focheggiare correttamente.

Oggi abbiamo un’altra arma efficacissima e determinante per la correzione dell’aberrazione cromatica: l’elaborazione digitale. I metodi di correzione sono molteplici, in questa trattazione esporrò quello più immediato, da effettuare al momento dell’apertura del file “RAW” in programmi come “Camera Raw” oppure “Raw Therapee” e diversi altri. Come si può vedere, nell’anteprima del file, appare in alcune foto effettuate con oblò piano, non corretto, il famigerato effetto prisma: da una parte del bianco appare un alone blu, dall’altro un alone rosso, le apposite funzioni di correzione dell’aberrazione cromatica possono limitare se non eliminare completamente il fastidioso effetto.

Il meraviglioso astrospartus mediterraneum presenta delle propaggini di colore chiaro che nella zona laterale evidenziano il problema che trattiamo in questo articolo: l’obiettivo è l’eccellente nikon 60 micro, l’oblò è piano e la deviazione dei raggi luminosi si fa sentire (anzi vedere)

 

L’immagine intera dell’astrospartus, la propaggine nel riquadro a destra è soggetta all’aberrazione cromatica (60mm micro Nikkor oblò piano)

Se ingrandiamo la zona periferica del riquadro giallo prima della post-produzione notiamo la frangiatura del colore.

In Camera Raw (il plug-in per aprire i files RAW in Photoshop) ma anche in altri programmi dedicati alla medesima funzione (ad esempio Raw Therapee, che è un freeware) possiamo correggere il difetto agendo sul comando “correzione lente”. Nel caso in cui l’immagine non sia fruibile dal formato “grezzo” RAW, potremo agire in modo simile utilizzando lo stesso comando nella sezione “filtri, distorsione, correzione lente” ma, essendo l’immagine già “sviluppata”, le possibilità di correzione sono più limitate.

Effettuata la correzione il difetto, pur molto evidente, sparisce.

Come dicevamo prima, il difetto è tipico delle zone periferiche: se spostiamo l’inquadratura della propaggine della astrospartus mediterraneum di destra al centro del fotogramma non vi è alcuna aberrazione.

Inquadrandola al centro la stessa propaggine dell’animale appare priva di aberrazioni

L’ingrandimento evidenzia che con i valori di correzione dell’aberrazione cromatica su “0” la porzione dell’immagine al centro non soffre di alcuna sfrangiatura visibile.

In conclusione, possiamo riassumere che oggi abbiamo grandi possibilità per ovviare ad un problema che assilla la fotografia subacquea: la correzione via software permette di accettare dei difetti a livello ottico (non solo dovuti alla rifrazione ma anche a distorsioni, vignettatura ed altro) che altrimenti ridurrebbero notevolmente la qualità delle nostre immagini, aprendoci a soluzioni altrimenti difficilmente percorribili.  

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